Sentenza n. 216 del 1991

 

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SENTENZA N. 216

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                       “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 218 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) in relazione all'art. 76 dello stesso d.P.R. e tabella allegato n. 3, promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1990 dal Pretore di Ferrara nel procedimento civile vertente tra Pavani Doriano e l'I.N.A.I.L., iscritta al n. 32 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale dell'anno 1991;

Visto l'atto di costituzione dell'I.N.A.I.L. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 9 aprile 1991 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

Uditi l'avv. Pasquale Napolitano per l'I.N.A.I.L. e l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Pretore di Ferrara, nel giudizio promosso da Pavani Doriano contro l'I.N.A.I.L., per avergli quest'ultimo negato l'attribuzione dell'assegno integrativo per l'assistenza personale continuativa, in quanto affetto, a seguito di infortunio sul lavoro in agricoltura, da paraplegia spastica agli arti inferiori, non rientrante fra le menomazioni tassativamente previste ai fini dell'erogazione del detto assegno, con ordinanza emessa il 6 dicembre 1990, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 218 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, in relazione all'art. 76 dello stesso d.P.R. ed alla tabella allegato n. 3, nella parte in cui non consente la concessione dell'assegno integrativo per assistenza personale continuativa nei casi di inabilità permanente assoluta conseguenti a menomazioni non elencate nella tabella allegato n. 3, ma comunque comportanti la necessità di assistenza personale continuativa.

Osserva il Pretore che l'art. 218 del d.P.R. n. 1124 del 1965, corrispondente, per il settore del lavoro agricolo, all'art. 76 dello stesso d.P.R. per il settore del lavoro nell'industria, prevede l'integrazione della rendita con un assegno mensile "nei casi di inabilità permanente assoluta conseguente a menomazioni elencate nella tabella allegato n. 3, nei quali sia indispensabile un'assistenza personale continuativa". La tabella allegato n. 3, al n. 3, consente, in particolare, il riconoscimento dell'assegno in presenza di lesioni del sistema nervoso centrale che abbiano prodotto "paralisi totale flaccida dei due arti inferiori". Ne deriva che, essendo l'infortunato portatore di una "paralisi spastica" degli arti inferiori, alla stregua del vigente dettato normativo l'I.N.A.I.L. non poteva che negare l'assegno.

Rileva peraltro il Pretore che, alla stregua dei principi affermati dalla Corte costituzionale con la sent. n. 179 del 1988 (che ha sancito il superamento del c.d. sistema tabellare per le malattie professionali), una disciplina, quale è quella risultante dall'art. 218 del d.P.R. n. 1124 del 1965 e dalla tabella allegato n. 3, in base alla quale la menomazione, ai fini della concessione dell'assegno, debba essere compresa fra quelle tassativamente elencate, senza che possa attribuirsi rilievo alcuno all'effettiva necessità dell'assistenza personale continua, sembra violare i precetti posti dagli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione.

Ed infatti, ad avviso del Pretore, la normativa in esame: a) comporta una ingiustificata disparità di trattamento fra situazioni omogenee, perché consente di ottenere l'assegno solo ai soggetti totalmente invalidi per causa di lavoro che siano portatori di menomazioni tabellate, e non anche a quelli che siano portatori di altre menomazioni, determinanti anch'esse la necessità della assistenza personale e continuativa; b) si traduce in una limitazione della tutela previdenziale dei lavoratori in caso di infortunio.

2. - Si è costituito l'I.N.A.I.L., eccependo l'inammissibilità della questione.

Osserva l'Istituto che la tabella allegato n. 3 non costituisce un sistema tabellare rigido, in quanto, al n. 8, prevede, in via residuale, la concessione dell'assegno per "malattie o infermità che rendono necessaria la continua o quasi continua degenza a letto". Ed il Pretore, ai fini del giudizio sulla rilevanza, avrebbe dovuto accertare se il caso esaminato potesse essere ricondotto nell'ambito di tale ultima previsione.

La questione, ad avviso dell'Istituto, sarebbe peraltro infondata, avendo il legislatore, nella sua discrezionalità, individuato specifiche ipotesi di menomazioni comportanti la necessità dell'assistenza personale.

3. - È intervenuto altresì il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, contestando l'ammissibilità e la fondatezza della questione.

Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, la tabella allegato n. 3, contrariamente a quanto ritenuto dal Pretore, è onnicomprensiva delle menomazioni in grado di compromettere l'autonomia personale. Ne deriva che o la fattispecie all'esame del Pretore era sussumibile fra quelle elencate nella tabella (con specifico riferimento all'ipotesi residuale di cui al n. 8), ovvero per essa non era configurabile quella perdita dell'autonomia personale che è il presupposto per l'assegno di assistenza.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Pretore di Ferrara ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 218 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), in relazione all'art. 76 dello stesso d.P.R. ed alla tabella allegato n. 3, nella parte in cui non consente la concessione dell'assegno integrativo per assistenza personale continuativa nei casi di inabilità permanente assoluta conseguente a menomazioni non elencate nella tabella allegato n. 3, ma comportanti la necessità di assistenza personale continuativa.

Premesso che l'art. 76, richiamato dall'art. 218 per il settore dell'agricoltura, prevede l'erogazione dell'assegno in parola "nei casi di invalidità permanente assoluta conseguente a menomazioni elencate nella tabella allegato n. 3, nei quali sia indispensabile un'assistenza personale continuativa", e rilevato che la detta tabella, fra le menomazioni suindicate, annovera specificamente quella costituita da "paralisi totale flaccida dei due arti inferiori", il giudice a quo ritiene che l'erogazione dell'assegno, nel caso, che qui viene in considerazione, di "paralisi spastica" degli arti stessi, sia preclusa dalla tassatività dell'elencazione.

La ravvisata tassatività e le conseguenze preclusive da essa imposte, secondo il giudice a quo, sarebbero peraltro in contrasto (come più in generale quelle del c.d. sistema tabellare, stabilito con il d.P.R. n. 1124 del 1965 in tema di malattie professionali, e raggiunto da dichiarazione di illegittimità costituzionale ad opera della sentenza n. 179 del 1988):

a) con l'art. 3 della Costituzione, in quanto determinanti una ingiustificata disparità di trattamento in danno dei portatori di menomazioni non comprese nell' elenco stesso, sebbene implicanti necessità di assistenza personale continuativa;

b) con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, in quanto limitative della tutela previdenziale dei lavoratori in caso di infortunio o di malattia professionale.

2. - La questione non è fondata nei sensi di cui appresso.

È da notare che il giudice a quo censura il "sistema" risultante dagli artt. 76 e 218 del T.U. n. 1124 del 1965 e dalla tabella allegato n. 3. Questa viene impugnata nella sua interezza, in quanto, per l'asserita tassatività della sua formulazione in punto di elencazione delle menomazioni che possono dar luogo all'assegno per l'assistenza personale continuativa, non consentirebbe di attribuire il detto assegno al lavoratore totalmente invalido che, pur necessitando di assistenza personale continua, non sia affetto da menomazioni comprese nella tabella.

Ma va osservato che la tabella allegato n. 3, al punto 8, attribuisce rilievo, indipendentemente dalla presenza di menomazioni specifiche, alla condizione personale dell'invalido: il detto punto 8 prevede infatti che l'assegno è erogabile anche in presenza di "malattie o infermità" - senza ulteriore indicazione del tipo della patologia o della menomazione - "che rendano necessaria la continua o quasi continua degenza a letto". Se così è, la previsione della normativa impugnata va correttamente intesa come comprensiva delle situazioni nelle quali sussista l'impossibilità o l'estrema difficoltà, per l'invalido, di mantenere autonomamente una posizione eretta e di deambulare senza aiuto (per tale interpretazione, con riferimento proprio alla paralisi spastica degli arti inferiori, cfr. Cass. n. 815 del 1989).

Nella detta situazione, infatti, non può dubitarsi che la condizione di vita del soggetto sia caratterizzata, per la quasi totalità dell'arco della giornata, da una costrizione a letto (o in strutture analoghe, come sedie o carrozzelle per invalidi), e dall'impossibilità (o estrema difficoltà) di lasciare la posizione sdraiata (o seduta), senza l'aiuto altrui. E siffatta condizione rende palese la necessità di una assistenza personale continua, che consenta all'invalido di attendere ai più elementari atti quotidiani della vita, necessità che giustifica l'attribuzione dell'assegno per l'assistenza.

L'adottata interpretazione trae conferma dal disposto della legge 11 febbraio 1980, n. 18 (ma vedi anche la successiva legge 21 novembre 1988, n. 508), che, in tema di indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili, menziona la "impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore", nonché la impossibilità "di compiere gli atti quotidiani della vita", quali cause che determinano la necessità di "un'assistenza continua".

Anche se le norme impugnate e quelle da ultimo citate operano in settori diversi, è peraltro innegabile che esse mirano entrambe a tutelare una condizione, caratterizzata dalla necessità di assistenza personale continua, che è comune all'invalido per lavoro ed all'invalido civile. Sicché una interpretazione della normativa impugnata nel senso restrittivo supposto dal giudice a quo importerebbe una tutela dell'invalido per lavoro ingiustificatamente deteriore rispetto a quella dell'invalido civile.

Resta ovviamente affidato al giudice di merito il compito di accertare, caso per caso, se ricorra o meno la necessità di assistenza personale continua come sopra intesa.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara, non fondata nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 218 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) in relazione all'art. 76 dello stesso d.P.R. ed alla tabella allegato n. 3, sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 24 maggio 1991.